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LUIGI, ALDO E PAOLO LUBRANO

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Sezione 2 - Marcantonio Passero: il possesso di “libri proibiti” e la condanna; il “privilegio di stampa

2023-05-22 11:28

Paolo

Paolo Lubrano, Marcantonio Passero, Miei testi, Miei testi,

Sezione 2 - Marcantonio Passero: il possesso di “libri proibiti” e la condanna; il “privilegio di stampa”: il precursore del “Copyright”.

SEZIONE 2: 4 - I LIBRI PROIBITI - 5 - IL PRIVILEGIO DI STAMPA - 6 - Giulio Mazzolini - “Privilegi, censure e diritto d'autore - 7. - Il testo dell’articolo.

12 luglio 2021

Paolo Lubrano

Sommario

 

 

Parte 1.

     Marcantonio Passaro. 

 

Parte 2. 

     I SEDILI O SEGGI A NAPOLI. 

 

Parte 3. 

     L’ARRESTO E LA CONDANNA. 

 

Parte 4. 

     I LIBRI PROIBITI 

 

Parte 5. 

      IL PRIVILEGIO DI STAMPA. 

 

Parte 6. 

     Giulio Mazzolini - “Privilegi, censure e diritto d'autore. Dai privilegi degli stampatori nel '500 al diritto d'autore passando attraverso la censura ecclesiastica”. 

 

Parte 7. - Il testo dell’articolo. 

      Privilegi, censure e diritto d'autore. Dai privilegi degli stampatori nel '500 al diritto d'autore passando attraverso la censura ecclesiastica - di Giulio Mazzolini 

 


SEZIONE SECONDA

PARTI  4 - 7

Parte 4

I LIBRI PROIBITI

 

I “libri proibiti” di cui si legge sono da intendersi quei libri che trattavano argomenti soprattutto religiosi ma anche filosofici e/o scientifici e che venivano “bollati” come “eretici”.

I loro autori portavano avanti delle tesi ritenute contrarie ai principi della religione cristiana, e in particolare sotto accusa erano i volumi che riguardavano la religione valdese molto diffusa soprattutto in Calabria; bastava poco per finire nelle grinfie degli inquisitori.

E sotto la loro lente fu stabilito che finissero tutti i volumi pubblicati a partire dai 25 anni precedenti: in pratica per essere in regola non era sufficiente evitare di possedere i libri di recente pubblicazione o non acquistarne più da quel momento in poi, ma bisognava disfarsi di tutti i volumi già acquistati e presenti nella propria bottega. Dimostrarne l’acquisto in anni ulteriormente prima dei 25 precedenti era cosa molto difficile da fare.

 

Erano anni nei quali sia per stampare che per mettere in vendita dei libri, occorreva il benestare della inquisizione religiosa o civile, e spesso di entrambe.

 

A tenere in conto quanto scrive Romano Canosa nel capitolo dedicato alla ”Inquisizione e stampa tra cinquecento e seicento”[1] il primo abbruciamento pubblico di libri a Napoli avvenne nel 1543, posso considerare che fu quello l’anno in cui iniziarono i controlli di tutti i volumi presenti nelle librerie e messi in vendita per individuare quali di essi fossero i “sacrileghi” da sequestrare e bruciare, procedendo all’immediato arresto del libraio con conseguente processo e condanna.

 

Quello del “bruciare” dinanzi all’ingresso della libreria oggetto della perquisizione e nella quale i volumi sono stati ritrovati, era il primo dei passi che venivano compiuti; a questo faceva immediato seguito l’arresto del libraio, il processo e la conseguente condanna definitiva che, così come accadde a Marc’Antonio Passero, nel migliore dei casi vietava al libraio di proseguire dopo la sua scarcerazione, per un anno la sua attività.

 

I librai dovevano avere pronta, per fornirla al momento del controllo, una lista completa di tutti i volumi dei quali erano in possesso.

 

 […] A Napoli il primo abbruciamento pubblico di libri ebbe luogo nell’anno 1543, sotto influenza del frate Ambrogio Salvio da Bagnoli. […]

[…] Agli interventi ecclesiastici si aggiunsero ben presto quelli civili. I1 15 ottobre 1544 fu emanata dal viceré don Pietro di Toledo una prammatica che proibiva la stampa, la vendita ed il possesso di libri concernenti la teologia e la sacra scrittura, composti negli ultimi venticinque anni, senza l’approvazione del Cappellano Maggiore. A questa prammatica se ne aggiunse, il 30 novembre 1550, un’altra, molto più estesa della prima, che sottoponeva a controllo non solo i libri di argomento religioso, ma anche tutti gli altri e ordinava di non stampare o vendere nulla senza espressa autorizzazione del viceré.[2] […]

 

L’inquisizione, da poco prima della metà del cinquecento e per gli ulteriori due secoli successivi, fu dunque di due tipi: civile e religiosa; pur dando l’idea di muoversi in maniera indipendente, entrambe in realtà finivano con il convalidarsi l’una con l’altra concordandosi vicendevolmente.

Agli interventi degli inquisitori ecclesiastici quelli degli inquisitori civili si aggiunsero quasi subito, e, da come s’è letto più sopra, il primo dei viceré che emanò una prammatica fu Don Pedro da Toledo, che ritroviamo presente nella vita di Laura Terracina per più d’un motivo.

 

Per quanto riguarda i suoi interventi fece immediatamente parlare di sé per la soppressione, nel 1547, delle tre accademie sorte a Napoli appena circa un anno prima “l’Accademia dei Sereni”,  “L’accademia degli Ardenti” e “L’accademia degli incogniti” della quale la Terracina faceva parte con il nome di “Febea”; questo viceré è stato uno dei più accaniti seppur contestati fautori dell’inquisizione.

 

Questo accanimento, religioso e civile, favorì in particolare le tipografie veneziane e toscane.

Per poter stampare e mettere in vendita i propri volumi, autori ed editori si rivolgevano infatti fuori da Napoli, dove in quegli anni l’inquisizione non era ancora attiva o comunque era meno pressante che a Napoli.

I contatti dunque tra i librai editori, come lo fu anche Marc’Antonio Passero, e in particolare le tipografie veneziane erano dovuti proprio a questo motivo.

 

 

 

Parte 5

IL PRIVILEGIO DI STAMPA

 

Il “Privilegio di stampa” veniva concesso all’editore/stampatore che per primo aveva pubblicato o stampato una determinata opera, affinché venisse impedito ad altri di effettuarne una sua “ristampa”.

 Si può definire una “esclusiva” concessa a chi aveva affrontato i costi per la stampa di un libro, affinché potesse, nel venderne le copie prodotte, rientrare nelle spese e guadagnarci.

La legge imponeva il divieto a chiunque altro di stampare un libro oggetto del privilegio per un certo numero di anni.

In questo modo venivano protetti economicamente gli stampatori/editori, e per certi versi anche l’autore, in quanto i costi erano alti e andavano pagati in anticipo.

Una premessa di quello che oggi corrisponde al “Copyright”.

 

[…] “In editoria, l’uso da parte delle autorità di concedere a un tipografo la facoltà esclusiva di stampare determinate opere. Il primo privilegio di stampa fu concesso da Venezia il 18 settembre 1469 a Giovanni da Spira: gli conferiva facoltà esclusiva di esercitare per cinque anni la stampa in tutto il territorio della Repubblica. Morto lui subito dopo, il privilegio decadde; né fu rinnovato per altri, con grande vantaggio per lo sviluppo dell’arte tipografica. Dopo il 1480 si ebbero a Venezia privilegi per singole opere; qualcuno anche in difesa della proprietà letteraria.

Altrove, in Italia e all’estero, si ebbero anche nei secoli seguenti privilegi concessi da pontefici, da principi locali e da imperatori (in Germania i più antichi sono le lettere di protezione di Massimiliano I, 1493-1519).

Copyright ed esemplare d’obbligo risalgono, spesso attraverso l’istituto della censura, a questi privilegi.[3] […]

 

Una annotazione a questo proposito trovo in un articolo pubblicato il 26 gennaio del 2015 da “Fondazione Terra d’Otranto” a firma di Armando Polito e dal titolo “Marco Antonio Delli Falconi di Nardò tiene a battesimo il Monte Nuovo”[4]:

 

 “Marco Antonio Passaro fu editore e libraio a Napoli dal 1534 al 1569. Si servì delle tipografie di Mattia Cancer e di Giovanni De Boy. Nel 1754 fu arrestato insieme con il collega, pure lui napoletano, Marco Romano per vendita di libri proibiti”.

 

A tal proposito inserisce la seguente nota

 

“Notizie più dettagliate e documentate in Romano Canosa, Storia dell’Inquisizione in Italia: Napoli e Bologna, Sapere 2000, Roma, 1990, pp. 71-72.” 

 

In “I Giolito e la stampa in Italia del XVI secolo” di Angela Nuovo e Chris Coppens, Librairie DROZ – 2005, a proposito del Libraio Giovan Battista Cappello di Napoli trovo scritto:

 

“Se la copertura dei privilegi non risulta chiara dal libro, è lecito ipotizzare un sistema di informazione integrativo curato dai detentori del privilegio, che diffondevan la notizia utilizzando gli stessi canali dell'informazione e dei carteggi commerciali. Non solo gli interessati, ma gli stessi onesti concorrenti erano a loro volta solleciti a tenerne conto, per ovvi motivi di reciprocità: certo funzionava un sistema di mutuo controllo in città come Venezia ove gli stampatori lavoravano in stretto contatto. Un aggiornamento al riguardo dei privilegi rilasciati doveva essere poi propagato periodicamente dai grandi librai ai loro corrispondenti o gestori di filiali, affinché non venissero incautamente messe in vendita edizioni in violazione del privilegio. Così Gabriele Giolito avvisava il libraio Cappello a Napoli, responsabile della filiale della Fenice, che ditte concorrenti avevano ottenuto determinati privilegi nel regno di Napoli, in modo che non accettasse in vendita edizioni illegali. [5]"[6]

 

 

 

Parte 6

Giulio Mazzolini - “Privilegi, censure e diritto d'autore. Dai privilegi degli stampatori nel '500 al diritto d'autore passando attraverso la censura ecclesiastica”[7].

 

 

Riporto, per meglio rendere chiaro cosa era il privilegio di stampa e quale la sua successiva naturale involuzione, e cioè il “diritto d’autore – Copyright”, l’articolo di Giulio Mazzolini dal titolo “Privilegi, censure e diritto d'autore. Dai privilegi degli stampatori nel '500 al diritto d'autore passando attraverso la censura ecclesiastica” reperibile anche al seguente link:

<http://linuxdidattica.org/docs/filosofia/cultura/dirittoautore.html>

 

Come richiesto da parte dell’autore preciso:

“Copyright 2003 Giulio Mazzolini - La copia letterale del presente testo è permessa con qualsiasi mezzo a condizione che riporti la presente autorizzazione.”

 

 

 

Parte 7 - Il testo dell’articolo

Privilegi, censure e diritto d'autore. Dai privilegi degli stampatori nel '500 al diritto d'autore passando attraverso la censura ecclesiastica - di Giulio Mazzolini.

I privilegi

Venezia, 1514, Nicolò Degli Agostini è l'autore del quinto libro dell'Orlando innamorato, continuatore del poema incompiuto del Boiardo. Alla fine del libro, Nicolò inserisce un appello ai lettori:

 

“Lettori, se havete piacer di veder il sesto libro, non imprestate Questo a persona alcuna, ma chi lo vol fatte [= fate] lo compri, acciò possi cavar li dinari ho spesi ne la Charta e ne la stampa; e non vogliate che, per darvi piacer, riceva danno, perché così facendo vi prometto dar fora il libro sesto fin un anno, più dilettevole et maggior di questo.”

 

Nicolò teme di vendere meno copie se i lettori dovessero imprestare il libro e li esorta a non farlo.

Preoccupazione lecita, ma come impedire il prestito? Non era possibile legalmente, quindi Nicolò cerca una complicità con il lettore:

“se tu non impresti, io pubblico il sesto volume.”

Lecita proposta di patto non formale, la ricerca di un reciproco interesse tra il lettore e l'autore/editore.

(La formalizzazione del desiderio di Nicolò non venne accontentata per secoli. Dovremo aspettare l'era di Bill Gates per trovare legiferata la proibizione del prestito di un'opera, per fortuna solo del software).

 

La Repubblica di Venezia aveva iniziato a concedere negli ultimi decenni del 1400 dei privilegi agli stampatori, che vietavano a terzi la ristampa del libro oggetto del privilegio per un certo numero di anni. Una iniziativa che mirava a proteggere economicamente gli stampatori, in quanto i costi della carta e dei tipografi erano alti e andavano pagati in anticipo.

Sembrerebbe in realtà che i primi privilegi agli stampatori vennero concessi a Milano. Si sa che nel 1481 l'editore Andrea de Bosis ricevette un privilegio per la Sforziade di Giovanno Simonetta e nel 1483 il duca di Milano accordò a Pietro Giustino di Tolentino un privilegio di cinque anni per stampare il Convivium di Francesco Filelfo. Ma fu Venezia a farne un uso esteso.

 

Non bisogna credere che il privilegio fosse una forma di protezione dell'autore, era semplicemente una protezione della attività economica dello stampatore. Un privilegio di stampa veniva in genere concesso per la pubblicazione di un singolo titolo.

La prassi dei privilegi non era tipica della stampa, era comune anche in altri settori contigui, per esempio i produttori di carta godevano da tempo di privilegi per la raccolta dei cenci in quanto la carta si faceva con gli stracci e gli stracci erano scarsi. Alcune cartiere avevano persino il monopolio della raccolta in una certa zona.

 

Per esempio già nel 1366 i cartai di Treviso ottennero dal Senato di Venezia un privilegio di monopolio nell'incetta degli stracci. Nello stesso periodo lo Stato svizzero stabiliva che nelle prime 24 ore del mercato di Basilea i cenci venissero venduti solo ai compratori locali.

 

Il fenomeno dei privilegi agli stampatori a Venezia e Milano viene oggigiorno esaltato da alcuni autori moderni che vogliono riconoscervi gli embrioni della proprietà intellettuale, ma ci sembra che nulla nei privilegi riguardi l'autore e l'opera dell'intelletto, mentre è evidente la sua natura di protezione mercantile.

La pratica dei privilegi sui libri risulta stranamente limitata.

 

Fino al 1527 sono documentate a Venezia 250 richieste di privilegi. Per contro a Venezia si inizia a stampare dal 1.470 circa e nel solo anno 1550 le richieste di privilegi sono appena 95. I titoli pubblicati invece sono molti di più. Il Ranucci stima che a Venezia si pubblicassero circa 150 titoli al giorno in media nel secolo sedicesimo. Il Febvre ritiene che nel '500 si siano stampati 30.000 titoli nel mondo di cui un quarto a Venezia.

Se ne deduce che la stragrande maggioranza degli stampatori non era interessata ai privilegi, stampavano i libri e cercavano di venderli tutti al più presto e basta.

 

Dai privilegi alla censura

Come è noto la diffusione del processo di stampa contribuì notevolmente alla diffusione della Bibbia Riformata di Lutero e della Riforma.

La Chiesa cattolica reagì alla proliferazione dei testi riformati, concedendo dei veri e propri monopoli agli editori affinché pubblicassero i principali testi religiosi che seguivano i dettami del Concilio di Trento.

Vari monopoli di pubblicazione di testi religiosi vennero concessi da Carlo IX ad una Lega cattolica di editori in Francia, Paolo Manuzio ricevette simili diritti in Italia dal Papa e il famoso tipografo Plantin di Anversa dal re di Spagna.

 

Ben presto la Chiesa Cattolica non si accontentò di stimolare la pubblicazione dei testi che riteneva corretti, ma volle anche impedire la pubblicazione dei testi che non erano in linea con il proprio pensiero.

Il Papa quindi introdusse negli Stati di ubbidienza cattolica l'obbligatorietà dell'ottenimento di una licenza per la pubblicazione di qualsiasi libro, istituendo delle commissioni di censura che avevano il compito di concedere il nulla osta alla stampa.

 

Per due secoli e più la pubblicazione dei libri in Italia viene soffocata dai censori ecclesiastici, che per ignoranza e paura di sbagliare, anche in presenza di un minimo dubbio, rifiutavano il nulla osta.

Forse non è mai stato valutato a sufficienza il danno enorme causato alla cultura italiana dalla censura ecclesiastica.

 

Mentre nel nord Europa riformato si pubblicavano liberamente libri di filosofia e di scienza, i censori nostrani si accanivano su tutti i testi sospetti, religiosi, filosofici e scientifici.

Non si limitavano a censurare, condannavano a morte gli editori eretici: per esempio Pietro Longo a Venezia nel 1588 e Girolamo Donzellini due anni prima.

 

Non è questo il luogo per elencare le malefatte della censura ecclesiastica, ma va ricordato che la censura diede vita, come reazione, alla pubblicazione clandestina e al contrabbando di libri.

 

Numerosi sono i libri pubblicati a Venezia con indicato sul frontespizio “stampato in Amsterdam” per sfuggire ai censori.

Forse è proprio grazie ai mille canali clandestini che la cultura italiana sopravvisse in quei secoli bui.

 

 

La nascita del Copyright e del Diritto d'autore

Si considera comunemente il 1709 l'anno di nascita del Copyright, quando la Regina Anna promulgò un editto sul diritto di Copyright con il quale si generalizzavano e codificavano i privilegi degli editori.

 

È estremamente interessante la motivazione della pubblicazione dell’editto, si chiamava infatti “An act for encouragement of learning” (Un editto per l'incoraggiamento dell'apprendimento).

La classe dirigente inglese dell'epoca riteneva giustamente che senza libri l'apprendimento era difficile e che si dovevano incoraggiare stampatori ed autori.

 

Va notato che sia nel regime dei privilegi a Venezia e Milano nel '500 che successivamente in Inghilterra con l'editto sul Copyright, non si faceva una gran distinzione tra autore, editore o stampatore.

Si concedevano privilegi all'imprenditore, diremmo oggi, chiunque esso fosse, concedendogli con i privilegi di stampa, una forma di esclusiva per alcuni anni. I rapporti tra autore e editore/stampatore non erano codificati, se la dovevano sbrigare tra di loro, l'autore non aveva una sua identità propria.

 

Solo quasi un secolo più tardi, nel 1791, in piena Rivoluzione Francese, vennero riconosciuti e codificati i diritti dell'autore in quanto tale, riconoscendolo come figura ben distinta dall'editore/stampatore.

 

Si riconobbero all'autore i diritti che ancor oggi ritroviamo nelle varie legislazioni derivate dalla prima legge francese, prevalentemente quelle europee.

Dal 1791 l'autore (dell'opera d'arte) è l'unico a poter disporre dell'opera, solo lui ha il diritto di pubblicarla, di modificarla, di farla tradurre e così via, a meno che non abbia ceduto questi diritti a terzi.

 

Oggi però la stragrande maggioranza degli autori è debole e indifesa, invece gli editori sono forti, si comperano tutti i diritti e all'autore rimane solo di verificare che non lo imbroglino sui pagamenti.

 

In questa situazione si trovano gli autori di testi scritti e dei musicisti, che salvo di pochi eccelsi, devono accettare senza discutere i contratti degli editori. La figura dell'autore di software, in particolare quello che scrive per le grandi società, è praticamente scomparsa, gli autori di software sono stati ridotti a dipendenti, senza alcun diritto (d'autore).

 

Forse è proprio il caso di rivalutare il diritto d’autore per difendere quest'ultimi e magari difendere anche i fruitori.

NOTE

 

 

[1] Romano Canosa, “Storia dell’inquisizione in Italia dalla metà del cinquecento alla fine del settecento – Napoli e Bologna – Vol. V” - Sapere 2000, 1990

[2] Romano Canosa, Storia dell’Inquisizione in Italia: Napoli e Bologna, Sapere 2000, Roma, 1990, p. 67

[3] Fonte: Enciclopedia Treccani Online - https://www.treccani.it/enciclopedia/privilegio-di-stampa/

[4] https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/01/26/marco-antonio-delli-falconi-di-nardo-tiene-a-battesimo-il-monte-nuovo/

[5] Riporto il testo della nota N. 73 inserita dagli autori:

«Avertendovi che il Spicileg. Scopa novamente stampato dal Serena, che non si pò vendere nel regno di Napoli perché alcuni librari àno il privilegio che no li possi vendere; similmente le Decetion neapolit. del Afflitto del Grammatico del Capitio Constitsitu. Del regno pratica Foleri criminal pra[tica] marante grammatica scope, et d'altri ve ne potrete anco informare da queli librari de costì» (dalla Memoria di Giolito a Giovan Battista Cappello, 10 aprile 1563, in Bongi, p. CVIII). Si tratta di varie opere di Matteo d'Afflitto, Pietro Follerio, Lucio Giovanni Scoppa, Roberto Maranta e altri, tutte edite a Venezia. In particolare, le opere di Tommaso Grammatico erano state «lite dal libraio napoletano Battista De Cristoforo, e per l'edizione della Practica criminalis di Pietro Follerio aveva chiesto e ottenuto il privilegio il libraio Giovanni Antonio De Maria: Archivio di Stato di Venezia, Senato Terra. Reg. 45 (1564-1565), c. 20v.

[6] Angela Nuovo e Chris Coppens, Librairie DROZ – 2005 “I Giolito e la stampa in Italia del XVI secolo”.

Il volume è disponibile su “Google Books” e risulta libero da vincoli.

Si può raggiungere a questa URL:

https://books.google.it/books?id=egsbjM4abyYC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

[7] “Copyright 2003 Giulio Mazzolini - La copia letterale del presente testo è permessa con qualsiasi mezzo a condizione che riporti la presente autorizzazione.”

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Paolo

2023-05-03 12:33

Il testo della “cronaca” pubblicato su “ACADEMIA.EDU”​           Di Benedetto Cotrugli si possono trovare, redatte da Michele Luzzati, notizie in “Diz

Il catalogo N.92 del 10 Maggio 1913: Benedetto Cotrugli, il suo “De Navigatione” e la incondivisibile cronaca del suo mancato acquisto.​​ PARTE I
Luigi Lubrano, Cataloghi, Paolo Lubrano, Note ai Cataloghi, Note ai Cataloghi, Miei testi,

Il catalogo N.92 del 10 Maggio 1913: Benedetto Cotrugli, il suo “De Navigatione” e la incondivisibile cron

Paolo

2023-05-03 12:32

Il testo della “cronaca” pubblicato su “ACADEMIA.EDU”​           Di Benedetto Cotrugli si possono trovare, redatte da Michele Luzzati, notizie in “Diz

Tatro Politeama -
Paolo Lubrano, Miei testi, Lo scaffale delle anticaglie,

Tatro Politeama - "La minidonna". Gli autori.

Paolo

2024-04-08 13:23

“La minidonna”  "…è una rivista di Amurri, Jurgens e Torti, interpretata da Sandra Mondaini, Antonella Steni e Ave Ninchi. Rappresenta il tipico spett

SETTE NOTE PER TANTI... MOTIVI.
Paolo Lubrano, Miei testi, Lo scaffale delle anticaglie,

SETTE NOTE PER TANTI... MOTIVI.

Paolo

2024-04-08 13:10

Quale sia il contenuto di questa rivista definita dagli organizzatori “Il più grande spettacolo dell'anno” non viene riportato sul programma predispos

Gli italiani sono fatti così. Anno 1957. La trama, più o meno, e gli autori.
Paolo Lubrano, Miei testi, Lo scaffale delle anticaglie,

Gli italiani sono fatti così. Anno 1957. La trama, più o meno, e gli autori.

Paolo

2024-04-07 09:10

Due tempi di Metz, Marchesi e Verde. Compagnia “Billi – Riva” con Alba Arnova. Musiche di Luttazzi(Lelio), coreografie di Gisa Geert, scene e costumi

Sembra facile. Tutto in breve: Una nota, lo spettacolo, gli autori, i protagonisti principali.
Paolo Lubrano, Miei testi, Lo scaffale delle anticaglie,

Sembra facile. Tutto in breve: Una nota, lo spettacolo, gli autori, i protagonisti principali.

Paolo

2024-04-07 09:06

La caratteristica, negativa!, dei programmi delle rappresentazioni proposte al “Teatro Politeama” di Napoli, sembra essere quella di non presentare al

Narrativa

Pubblicazioni

Paolo Lubrano - Note, suggerimenti e testi vari.

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